Di Sonia Ricci
«Chissà cosa amava mangiare Camillo Benso conte di Cavour quando si trovava nella sua tenuta nelle Langhe, al castello di Grinzane, comune in provincia di Cuneo, di cui è stato anche sindaco nella metà dell’Ottocento. Non è possibile saperlo, ma si può azzardare un’ipotesi relativa al presente: non sarebbe sbagliato pensare che al sostenitore delle idee liberali sarebbe piaciuto uno dei foie gras più buoni del nord Italia, che oggi viene preparato proprio al primo piano di quella fortezza. Lo cucina uno chef di cui non si parla mai abbastanza e che da un decennio conserva appuntata sul petto una stella Michelin: Marc Lanteri ha ottenuto il riconoscimento della Rossa prima a Cuneo con il ristorante Delle Antiche Contrade, confermata a Mondovì con il Baluardo e, oggi, al Castello di Grinzane Cavour, dove si trova il ristorante che nell’insegna fonde il suo nome con quello del maniero: Marc Lanteri al castello. Nato in Francia a due passi dal confine con l’Italia, dopo la scuola alberghiera a Mentone, Lanteri ha esordito in cucina con Alain Ducasse al Louis XV di Montecarlo. Poi altre due tappe miliari nella sua formazione: Michel Rostang a Parigi e l’Enoteca Pinchiorri a Firenze con Annie Feolde.
Se ne conosce l’umiltà, la cucina rigorosa, lo straordinario fegato grasso, l’attenzione per le ricette piemontesi, il suo amore per l’orto (maltempo permettendo) e l’attenzione alla famiglia. E quest’ultimo tassello fa sì che al Castello vada in scena quotidianamente una bella sinergia che sa di casa: Marc cucina, ma è sua moglie Amy Bellotti ad aprire la porta ai clienti, ad accompagnarli in un viaggio elegante fatto di tecnica d’Oltralpe e ricordi di infanzia. È lei una delle chiavi di lettura di questa tavola.
«L’ho conosciuto a Cuneo, lavoravo in cucina con lui», racconta la Bellotti. E proprio durante quel lavoro gomito a gomito, Amy decide di ritagliarsi un posto tutto suo in sala. Che oggi divide con il sommelier Alessandro Corsini, proponendo sulla sua tavola Barolo, Barbaresco e altri vini del territorio. Neanche Amy, come il marito, è italiana, è originaria del Colorado. Sia lei che Marc parlano un italiano non perfetto ma è l’internazionalità, anche linguistica, che dà una spinta originale a questa tavola. Lanteri gioca molto su aspetti legati alla sua infanzia, i gusti che provava quando era bambino, non punta sulla spasmodica trasformazione o l’esasperata elaborazione dei prodotti. È la materia prima, sul piatto, che parla da sola. Nonostante la sede storica e un menu di certezze che viene messo in scena da diversi anni, la coppia franco-statunitense non si ferma al presente. Non è escluso che in futuro la loro tavola evolva, si arricchisca ulteriormente di contenuti nuovi, acquisti sembianze più moderne. Un obiettivo a breve termine è legato alla sostenibilità degli alimenti, con prodotti sempre più vicini, territoriali, sani, da trasformare sotto l’egida della tecnica francese di cui lo chef Lanteri è uno degli autorevoli rappresentanti in Italia. Già oggi molti dei prodotti sono piemontesi, ma si vuol fare uno sforzo in più. E col tempo si pensa a svecchiare la tavola, togliendo le tovaglie, introducendo un ambiente minimal e tavoli più ristretti. «Direzionare l’ospite – spiega Amy Bellotti – anche verso altro, verso l’ambiente in cui si trova, è importante». È un sogno che ci confessano entrambi ma che per il momento resta tale. In ogni caso, è un elemento che fa comprendere come questo ristorante, per quanto possa sembrare una roccaforte di sicurezze gastronomiche, non smette silenziosamente di evolversi.
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