La terza stella Michelin a Enrico Bartolini al Mudec (e la seconda al suo Glam di Venezia), la seconda a Michelangelo Mammoliti, della Madernassa di Guarene (Cn), la prima a tanti, giovani o meno, che certamente se la meritano per impegno e passione. Fin qui non si discute e i nostri più sinceri complimenti vadano a questi professionisti di valore, che in gran parte conosciamo e apprezziamo da tempo. Senza se e senza ma.
Qualche domandina (o domandona) però ci sorge spontanea, dalla mente e dal cuore, vedendo tante aspettative senza risposta o notando alcune “cancellazioni” operate in questa edizione 2020.
La trasferta piacentina, dove la guida è stata presentata, ci ha lasciato un po’ di amaro in bocca. E siccome il nostro mestiere è di informare, vogliamo capire. Soprattutto per informare meglio. Sarà che abbiamo sempre speso parole positive per la guida rossa, che seguiamo puntualmente almeno dal 1984. Sarà che la abbiamo ritenuta e forse continueremo a farlo “la più seria e autorevole delle guide”: una sorta di “vangelo” a cui affidarsi con sicurezza, senza timori, con la certezza e la garanzia di scegliere sempre bene consultandola e carpendone i messaggi. Ma stavolta certe scelte ci lasciano basiti. E’ pur vero che, come dice qualcuno, il solo fatto di parlarne avvalora il prestigio (e la visibilità) della guida stessa. E, in un modo o nell’altro, anche le critiche diventano uno strumento di marketing a favore della guida stessa.
Ma il silenzio-stampa non ci è mai piaciuto e, da giornalisti, sentiamo il dovere di comprendere quali siano gli effettivi criteri ai quali la guida oggi si ispira e di capire che cosa è cambiato. Andiamo diritti al dunque e ci permettiamo di porre alcuni quesiti a chi ha operato certe scelte “punitive”. Il primo: perché togliere la stella a Giancarlo Morelli, uno degli chef più bravi della scena con- temporanea? Il suo Pomiroeu mi pare un esempio indiscusso di cucina che “merita la tappa”. Perché solo due nuovi “due stelle” sulla scena nazionale? La varietà e la ricchezza dell’offerta di alta ristorazione non consentirebbero l’attribuzione della doppia stella ad almeno (secondo noi) altri 6-7 ristoranti sparsi in Italia (Cracco, Berton o Oldani solo a Milano, per dirne tre: i “Marchesi Boys” devono stare al passo?). Perché togliere la seconda stella a Luisa Valazza del Sorriso? Insieme al marito Angelo conduce dal 1981 un luogo di altissimo livello (la prima stella venne assegnata nel 1982, per arrivare poi alla terza nel 1998: poi, progressivamente, la discesa e il ritorno a una stella: vuol dire che il Sorriso oggi vale come 37 anni fa? Suvvia…). Perché non assegnare la terza stella a chi lavora quotidianamente su una base di perfezione assoluta (non voglio imbarazzare nessuno, ma ci siamo capiti…)? Perché non dare la prima stella a Daniel Canzian? I suoi sforzi incredibili, la sua passione, la tecnica e i risultati, non sono meritevoli di una stella? E Eugenio Boer non se la meriterebbe? O Alessandro Buffolino dell’Acanto? O Fabio Silva del Derby Grill? E Wicky Pryan? E Paolo Lopriore? E Fabio Abbattista? E quanti me ne sfuggono…
Possibile che su 328 “una stella” non ci sia spazio per almeno altre trenta strutture (e chef) di alto valore? Rispondeteci per favore. E poi: la seconda tolta a Vissani, perché? Qui potremmo andare ancora avanti, ma non vogliamo correre il rischio di venire accomunati ai tanti “soloni” della critica che imperversano sulla scena e spesso non hanno i titoli per farlo. Chiudiamo, stendendo un velo sulla mancanza di nuove segnalazioni “di servizio”, utili “a chi viaggia” (come la stessa guida dichiara nelle sue linee programmatiche). Due casi per tutti: la mancanza assoluta in guida di una trattoria suprema, come l’Osteria di Fornio, a Fidenza, pone ulteriori interrogativi: soprattutto perché l‘offerta del luogo corrisponde in toto a quanto si legge nelle comunicazioni ufficiali della Michelin a proposito dei Bib Gourmand… O l’assenza totale di segnalazione per locali come il Corazziere, albergo quattro stelle, resort immerso nella natura all’insegna della sostenibilità, condotto da un imprenditore visionario: un unicum nell’offerta alberghiera.
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