A Londra, alla premiazione dei World’s 50 Best Restaurants 2022, Copenaghen bissa il successo del 2021 con la vittoria del danese Geranium che eredita la corona dal Noma. Italiani sugli scudi, con due locali nella Top ten: Riccardo Camanini (Lido 84 di Gardone Riviera) è ottavo mentre Massimiliano Alajmo (Le Calandre, Rubano) decimo. Mauro Uliassi, 12°, fa il miglior salto in avanti. Il Reale di Castel di Sangro di Niko Romito è 15° mentre Piazza Duomo di Alba di Enrico Crippa è 19°. Nella classifica dei migliori 50 entra anche il St Hubertus di San Cassiano (Bolzano) di Norbert Niederkofler, salendo dalla 54 alla 29° posizione
E’ in una torrida Londra, all’Old Billingsgate, l’ex mercato del pesce affacciato sul Tamigi, che è andata in scena la premazione dei World’s 50 Best Restaurants 2022, con l’incoronazione di Rasmus Kofoed, chef del “Geranium” di Copenaghen, al primo posto della classifica del migliore ristorante del mondo.
“Ho scritto qualcosa nel caso in cui stasera fosse successa una magia: e la magia è successa!”: così dal palco esordisce Kofoed, quando ringrazia per il massimo riconoscimento ottenuto dal “progetto del Geranium”, che definisce “uno spazio olistico per esplorare la vita”. Il pluripremiato chef danese, tre stelle Michelin, è l’unico cuoco al mondo ad aver collezionato in tre edizioni successive il bronzo, l’argento e l’oro del Bocuse d’Or. E ora, dopo che il rivale diretto e vicino di casa, il Noma di Copenaghen vincitore nel 202, è uscito di scena per via del – contestato – regolamento dell’award, anche primo nella classifica dei ristoranti migliori dell’orbe terracqueo.
La magia scende a sud
Ma la magia non si è fermata nella nordica Copenaghen, arrivando anche un po’ in Italia. Che, con la sua cucina, conquista posizioni da primato: oltre a due nomi nella top ten, “Lido 84” dei fratelli Camanini che continua l’impressionante scalata del 2021 conquistando l’ottavo posto, e “Le Calandre” della famiglia Alajmo che fa un balzo dal 26° al 10° posto, ecco Mauro Uliassi, che l’anno scorso era 52° e che fa il salto più grande di tutti come new entry (impresa che nel 2021 era stata dei Camanini), e si piazza al 12° posto. E non è tutto: “Reale” di Niko Romito sale dal 28° al 15° scalino mentre “St. Hubertus” di Norbert Niederkofler passa dal 54° al 29°. Scende di una posizione invece “Piazza Duomo” di Enrico Crippa, ora 19°.
Solo altre tre volte nei 20 anni di storia della sempre più influente classifica dei ristoranti organizzata dalla società inglese William Reed Business Media l’Italia aveva avuto 6 nomi in classifica, ma mai globalmente in posizioni così alte.
La Top ten a trazione “med-lat”
Ma tornando alla classifica assoluta, in seconda posizione troviamo “Central” di Virgilio Martinez, che sfiora l’impresa di portare la prima piazza per la prima volta in America Latina, precisamente in quel di Lima, mentre il barcellonese “Disfrutar” è sul terzo gradino del podio. Un gradino sotto troviamo “Diverxo” a Madrid, sul quinto “Pujol” a Città del Messico e sul sesto “Asador Etxebarri” a Atxondo. Seguono “A casa do porco” a San Paolo, “Lido 84”, “Quintonil” a Città del Messico e “Le Calandre”. Risultato: una top ten a trazione mediterranea e latina, con tanta Spagna, Italia e Sud America (nel 2021 c’erano 5 ristoranti europei, 3 latinos e due asiatici).
Il bando anti russo
Stanley Tucci è stato il mattatore della cerimonia di premiazione, che si è tenuta a Londra al posto di Mosca, giustamente “bannata” dal consesso delle capitali “civili” dove è d’upo organizzare una cerimonia internazionale che, necessariamente, è portatrice di valori opposti a quelli anacronisticamente rispolverati dalla dirigenza russa. Uno scotto da pagare a scelte scellerate ancor più pesante se si pensa che la capitale della Federazione era in ascesa come destinazione gastronomica prima della aggressione contro l’Ucraina. Che ora, e chissà fino a quando, sarà esclusa dalla mappa delle destinazioni gourmet (solo una, e neppure la più grave, delle conseguenze dell’assurda guerra scatenata nel cuore dell’Europa dal Cremlino). E infatti, oltre a sostituire la sede, sono stati estromessi dalla competizione i ristoranti russi (due quelli in classifica nel 2021, il “White Rabbit” al 25° posto e “Twins Garden” al 30°), sulla falsariga di quanto fatto dalla Michelin, che ha sospeso la guida con cui per la prima volta recensiva Mosca. La guerra fa capolino nel corso della serata sotto i riflettori quando si ricorda il premio Champions of Change vinto da Olia Hercules e Alissa Timoshkina, rispettivamente ucraina e russa, per il loro progetto #FoodforUkraine.
Gli equilibri
Ma tornando alla gastronomia, vediamo come sono cambiati gli equilibri nel 2022: i ristoranti europei sono saliti a quota 31 contro i 25 dell’anno prima, i sudamericani sono rimasti 8 mentre calano da 10 a 7 gli asiatici d da 6 a 3 i nordamericani. Solo un locale rimane a rappresentare l’Africa. Ancora pochissime le donne: Ana Ros con “Hiša Franko”, Leonor Espinosa con “Leo” e Dominique Crenn di “Atelier Crenn”, scivolata in 72^ posizione. Polemiche per il premio come miglior donna chef del mondo a(lla) Espinosa: a qualcuno ricorda le “quote rosa”, un riconoscimento che un po’ ghettizza le chef, un po’ evidenzia plasticamente storici ritardi (o pregiudizi). Ad ogni modo, alla cuoca colombiana viene riconosciuto di aver tracciato nuovi percorsi in cucina e non solo: con i suoi piatti che valorizzano prodotti autoctoni è diventata, infatti, la protagonista della rinascita culinaria del proprio paese.
Gli altri premi
Tra gli altri premi, quello per la sostenibilità a “Aponiente”, il One to watch award per il ristorante di Alexandre Mazzia, per il miglior pasticciere a Rene Frank, e, quello – introdotto quest’anno – per il miglior sommelier a Josep Roca mentre l’Icon award è stato assegnato a Wawira Njiru.