Ben 179 ristoranti hanno aderito quest’anno alla settima edizione di “Ristoranti contro la fame” con un obiettivo comune: gridare insieme “Mai più fame”. L’iniziativa, che ha preso il via nell’ottobre scorso in occasione della Giornata mondiale dell’Alimentazione, con la consueta regia di Azione contro la Fame, ha l’adesione di tanti famosi chef: da Cristina Bowermann a Cesare Battisti, da Giancarlo Morelli a Claudio Sadler e Vincenzo Florio. E, tra gli altri, vede la partecipazione anche dei cinque “Ristoranti Armani” presenti in Italia, a Milano e Bologna.
Oltre ai locali aderenti, sono decine gli eventi territoriali con i road trip promossi in tutta Italia da cuochi e ristoratori per sensibilizzare ulteriormente i propri clienti sul tema della lotta alla fame e della malnutrizione infantile nel mondo.
Il meccanismo solidale
Il progetto, in questi anni, ha trovato ospitalità in oltre 700 attività della ristorazione italiana e ha raggiunto, complessivamente, oltre 500.000 persone. Nel corso di questa edizione, che rientra nell’ambito dell’iniziativa di sensibilizzazione “Mai più Fame”, i clienti, all’interno dei ristoranti, potranno donare, fino al 31 dicembre, due euro con l’acquisto di un “piatto solidale”, 50 centesimi scegliendo una “pizza solidale” e altrettanti consumando una bottiglia d’acqua. A tale riguardo, a “Ristoranti contro la Fame” collabora un partner di eccezione che condivide gli stessi valori e la stessa sfida di un mondo senza fame: si tratta di acqua Valverde, che nasce ai piedi del Monte Rosa, in un territorio riconosciuto nel 2013 patrimonio dell’Unesco. Sponsor dell’iniziativa, donerà un quantitativo gratuito ai ristoranti aderenti per favorire l’attività di raccolta fondi. Impotante nello “spingere” numerosi ristoranti a partecipare anche la collaborazione con Guida Michelin.
I progetti
Mentre dunque continuiamo a godere del piacere di un pranzo o di una cena fuoricasa (in sicurezza), contribuendo (responsabilmente) al rilancio della ristorazione, un piccolo aiuto a debellare un problema immenso: la fame nel mondo. Secondo il rapporto pubblicato dalla FAO (The State of Food Security and Nutrition), sono 811 milioni le persone che ne soffrono a causa di guerre, cambiamenti climatici e disuguaglianze. Cui adesso si è aggiunto il covid come fattore scatenante di nuova povertà in molti paesi del mondo, come ha detto Daniele Maio, Corporate fundraiser di Azione contro la fame. Che ha spiegato come saranno “quattro le attività sul campo che saranno sostenute dall’organizzazione attraverso questa iniziativa”: in Sahel l’organizzazione sosterrà ancora l’intelligenza artificiale per contrastare i cambiamenti climatici con un progetto innovativo che combina le immagini satellitari e i dati raccolti dai pastori per monitorare la siccità e guidare gli allevatori verso pascoli migliori; in India, Azione contro la Fame darà seguito alla realizzazione degli “orti giardino”, pensati per liberare i più vulnerabili dall’insicurezza alimentare, proiettandoli verso l’autosufficienza; in Libano, il network si occuperà del sostentamento delle comunità di rifugiati con l’obiettivo di migliorare le loro condizioni socioeconomiche con l’accesso ai beni di prima necessità. Ma come detto la pandemia ha fatto i suoi danni anche alle nostre latitudini: in Italia, infatti, pur con forme diverse, molte persone vivono una condizione di insicurezza alimentare: ben 5,6 milioni sono i nostri connazionali in povertà assoluta, secondo l’Istat. Di qui il lancio del progetto “Dall’emergenza all’autonomia”, che consiste in una attività “pilota” mirante a contrastare l’insicurezza alimentare lungo lo Stivale. L’intervento, nella sua prima fase, coinvolgerà 50 famiglie vulnerabili della periferia di Milano, per un totale di 250 persone, già nel 2022. L’obiettivo dell’organizzazione è quello di estendere l’iniziativa anche in altri territori. Tre i cardini del progetto: un contributo alla spesa settimanale, per fornire un supporto nutrizionale immediato; la promozione di una educazione alimentare allo scopo di favorire tra i beneficiari l’adozione di una dieta sana ed equilibrata; la formazione per migliorare le capacità personali, sociali e professionali utili per favorire l’autonomia e, così, la sicurezza alimentare a lungo termine. Il programma riserverà una particolare attenzione alle famiglie con due o più figli (soprattutto con bambini con età inferiore ai 5 anni), con donne in gravidanza o neomamme, con genitori disoccupati o impegnati in lavori occasionali.
La solidarietà è servita, anzi: SERVE
“Con un pianeta che è, in realtà, in grado di produrre cibo a sufficienza per tutti, cure contro la malnutrizione infantile da tempo disponibili, efficaci e a basso costo, progetti di cooperazione in grado di realizzare l’autosufficienza delle comunità vulnerabili, siamo la prima generazione della storia che può eliminare la fame”, ha dichiarato Simone Garroni, direttore generale di Azione contro la Fame. “Motivati dallo stesso nostro auspicio anche i ristoranti e i partner dell’iniziativa sono pronti a lavorare al nostro fianco per dare cibo a chi non ce l’ha. Gli italiani, oggi, hanno un motivo in più per pranzare o cenare al ristorante o in pizzeria: la solidarietà. Recarsi in uno dei locali aderenti diventa non solo un’opportunità per dare cibo ed alimenti terapeutici ai bambini malnutriti nel Sud mondo ma anche un modo per consentire alle famiglie più vulnerabili del nostro Paese di sconfiggere la fame”.
Azione contro la Fame è la sede italiana del più ampio network internazionale che prende il nome di ACF international. L’organizzazione, nata in Francia, è in prima linea dal 1979 nella lotta alla fame e alla malnutrizione nel mondo: aiuta i bambini malnutriti, fornisce alle comunità l’accesso all’acqua potabile e garantisce soluzioni sostenibili alla piaga della fame. Nel 2019, il network ha operato in 51 diversi stati del mondo e, attraverso l’attività svolta da oltre 8mila operatori a livello globale, ha aiutato oltre 17 milioni di persone bisognose.
Oltre il cibo… l’acqua
Nel marzo scorso, in occasione della Giornata mondiale dell’Acqua, Azione contro la Fame aveva messo in vendita “Water of Africa”, il brand fittizio di un’acqua che, come riportava lo slogan “pubblicitario” che ne accompagnava il “lancio” in alcuni supermercati italiani, è “contaminata: può contenere batteri, parassiti e virus”. Ma la presenza sugli scaffali di “un’acqua che mai nessuno si azzarderebbe neanche a sorseggiare” era solo una iniziativa mediatica per denunciare il fatto che nell’Africa Subsahariana “319 milioni di persone, ogni giorno, non hanno un’alternativa”. Telecamere nascoste riprendevano la reazione del pubblico di fronte a pet di plastica maldirotta contenenti un liquido paglierino, marrone o rossastro: “In alcuni scenari, l’acqua non c’è oppure è sporca e contaminata. Abbiamo voluto rendere contemporanea questa piaga raccontandola, per una volta, in modo diverso. Con questa candid camera e attraverso il coinvolgimento di testimonial dello spettacolo e dello sport, vogliamo raccontare che l’acqua sporca e contaminata è ancora oggi una delle principali cause della malnutrizione infantile, che ogni anno uccide due milioni di bambini sotto i cinque anni”, così ha spiegato il senso dell’iniziativa-provocazione Simone Garroni.