Un fatturato superiore agli 11 miliardi di euro per il vino italiano nel 2021. È quanto emerge da una stima della Coldiretti in occasione della diffusione dei dati Assoenologi–Ismea–Uiv che confermano le previsioni quantitative della maggiore organizzazione agricola di inizio vendemmia, il 2 agosto scorso. Un risultato, sottolinea la confederazione, raggiunto grazie all’aumento dei consumi interni e delle esportazioni, sull’onda della riapertura della ristorazione e della ripresa del commercio internazionale.
L’Italia, nonostante le difficolta dell’anno del Covid, resta leader mondiale davanti a Spagna e Francia.
Il primato
Un primato consolidato grazie a 602 varietà iscritte al registro viti, contro circa la metà degli storici rivali transalpini, con le bottiglie made in Italy destinate per circa il 70% a Docg, Doc e Igt con 332 vini a denominazione di origine controllata (Doc), 76 vini a denominazione di origine controllata e garantita (Docg), e 118 vini a indicazione geografica tipica (Igt) riconosciuti in Italia, e il restante 30% per i vini da tavola.
“Dalla vendemmia in Italia si attiva un sistema che offre opportunità di lavoro a 1,3 milioni di persone impegnate direttamente in vigne, cantine e nella distribuzione commerciale, incluse quelle impiegate in attività connesse e di servizio”, ha spiegato in una nota il presidente della Coldiretti Ettore Prandini, evidenziando poi “il protagonismo dei giovani agricoltori in un settore importante come quello vitivinicolo”.
Sostenibilità e pericoli
A caratterizzare la nuova stagione del vino italiano è l’attenzione verso la sostenibilità ambientale, le politiche di marketing, anche attraverso l’utilizzo dei social, e il rapporto con i consumatori, con i giovani vignaioli che prendono in mano le redini delle aziende imprimendo una svolta innovatrice. Le aziende agricole dei giovani possiedono peraltro una superficie superiore di oltre il 54% alla media, un fatturato più elevato del 75% della media e il 50% di occupati per azienda in più.
L’unica nota dolente, secondo Coldiretti, sono le nuove politiche europee come la proposta di mettere etichette allarmistiche sulle bottiglie per scoraggiare il consumo o anche il via libera dell’Unione europea a nuove pratiche enologiche come la dealcolazione parziale e totale che, secondo la Coldiretti, rappresenta un grosso rischio e un precedente pericolosissimo permettendo di chiamare ancora vino un prodotto in cui sono state del tutto compromesse le caratteristiche di naturalità per effetto di un trattamento invasivo che interviene nel secolare processo di trasformazione dell’uva in mosto e quindi in vino. Particolarmente grave è la decisione di considerare i vini de-alcolati e parzialmente de-alcolati come prodotti vitivinicoli, e di consentire tale pratica anche per i vini a denominazione di origine protetta o indicazione geografica protetta.