Ristoranti, Alberghi e bar sono in ginocchio. Un settore polverizzato in centinaia di migliaia di piccole proprietà e gestioni che non spesso dispongono di liquidità, non trovano finanziamenti ma nemmeno voce, proposte e idee sensate: rappresentanza.
Troppe le Associazioni di categoria e comunque troppo deboli. Spesso impegnate a tentare di mettere lo scotch su squarci ampi e profondi nella chiglia: così l’acqua entra, allaga e sommerge tutto. Meritoria l’attività di informazione puntuale su norme e decreti in tutti questi mesi. E i tentativi di dare consapevolezza al governo. Ma gli esiti, amcora, non sono buoni. Dà qualche speranza il tavolo appena convocato da Patuanelli, Ministro dello sviluppo economico, a cui hanno preso parte FIPE-Confcommercio, Fiepet-Confesercenti e i sindacati di categoria. Si cerca di individuare nuovi protocolli che possano garantire, in assoluta sicurezza, anche le aperture serali dei ristoranti. Si vedrà.
Evidentemente però è mancata la capacità di leggere la situazione per progettare a medio e lungo termine. Perché il settore del trasporto aereo, ad esempio, già da maggio parlava di forti difficoltà almeno fino al 2023 e di ripresa piena dal 2023/2024? Mentre quello del commercio, della ristorazione, dell’accoglienza ha puntato tutto sulla ripresa estiva, poi sull’autunno, poi sul Natale? Come se si potesse chiudere così in fretta una partita tanto complessa?
Colpa anche dell’informazione, senza dubbio. Alla ricerca di sensazionalismi e facili clic/like: molti media hanno seminato paura e confusione. Dando notizie senza ordine né criterio o peggio passando il microfono o la tastiera a personaggi e professionisti di dubbio o nessun valore. Senza contare il ruolo sempre più problematico dei social network, dove chiunque anche i più stupidi e ignoranti catalizzano consensi sparandola grossa, spiegando teorie strampalate, citando fonti inattendibili e complotti inverosimili.
In questi mesi troppa voce e troppo spazio hanno avuto ignoranti (aka negazionisti) ed esperti di ogni sorta (siamo tutti allenatori della nazionale e virologi) che hanno impresso nelle nostre speranze concetti equivoci ed evidentemente fuorvianti come quello del “virus clinicamente morto” sparato a luglio 2020 dal prof. Zangrillo del San Raffaele di Milano (per gli amanti del genere una raccolta delle peggiori dichiarazioni su Covid di questi mesi, raccolte dal magazine Wired). Questo ci ha distratto dall’affrontare i problemi nella loro prospettiva più corretta, a lungo termine, illudendoci che con un po’ di buonsenso e ottuso ottimismo le cose potessero aggiustarsi rapidamente. E molti, ahinoi, ancora lo credono.
Sugli infami che hanno insultato e minacciato infermieri, medici, operatori sanitari impegnati in prima linea nel soccorrere i contagiati gradi non aggiungiamo altro. Per noi sono eroi. Ed eroici è stata la condotta di tanti di voi, che hanno operato anche nei giorni più rischiosi e bui, per svolgere il proprio indispensabile lavoro nei bar, nei ristoranti, negli alberghi di tutta Italia.
Il tentativo di adeguarsi alle contradditorie, incerte, regole governative ha portato a esborsi importanti per i titolari di pubblici esercizi. Spesso inutili, visto l’insensata regolamentazione nazionale e regionale che ha imposto susseguirsi di chiusure e aperture rendendo impossibile ed economicamente non sostenibile lo svolgimento delle attività. Anche se, e va detto onestamente, molti esercenti hanno riaperto – quando possibile – con distanziamento insufficiente tra i tavoli, senza “tracciare” gli ospiti, senza formare e controllare il personale ecc. L’argomento dei ristoranti, nella loro totalità, come i luoghi più controllati e sicuri (al pari dei centri commerciali, delle palestre, dei cinema, dei centri estetici ecc.) non ha sempre premiato il settore. Certo sono stati penalizzati tanti piccoli esercenti che, in una situazione di grossa difficoltà, hanno visto aumentare gli investimenti in “dpi” ma non il fatturato.
L’alta ristorazione, abbondantemente seguita dai media e quindi molto influente, purtroppo si è mossa in ordine sparso: chiusura a riccio di alcuni, appelli solitari e disperati, depressioni, temporanee “fughe” all’estero di altri, ritorni all’orto, tv-show e corsi, attività private, aperture con pienoni nei mesi estivi, consulenze e chi più ne ha più ne metta. Pur di fare cassa, anche se lontano dalla cucina. Poche azioni altruistiche e “sociali”, molta solitudine, paura e, purtroppo, anche tanto egoismo. L’alta ristorazione non è stata in grado, nonostante ne avesse le capacità mediatiche, di farsi sentire in nome del settore, di rappresentarlo, di guidarlo. I solisti non fanno un’orchestra, né sanno dirigerla.
Di proporre azioni concrete a sostegno del settore: una ripartizione corretta e tempestiva dei ristori, accordi giusti (onesti, trasparenti, sostenibili economicamente) con le società di delivery, accordi di finanziamento agevolato con gli istituti di credito ecc. Coinvolgendo grandi gruppi, aziende fornitrici, sponsor. Per tenere, insieme e uniti, in piedi il settore.
E in effetti, se qualche supporto concreto privato è arrivato, spesso lo si deve ai fornitori che pur di non perdere crediti e clienti, stanno prorogando le scadenze di pagamento mantenendo la fornitura. Ma questo vuol dire spostare il problema su altri, non risolverlo.
Spesso le proprietà dei muri hanno concesso sconti volontari sugli affitti, un aiuto ai pubblici esercenti. Altrettanto spesso no. E in molti hanno già preferito abbassare le serrande. Anche nomi illustri.
I ristori pubblici sono arrivati, a tanti, è vero. Ma sono poca cosa. Così come la cassa integrazione. Contributi che certo non bastano a colmare le perdite delle altre voci di costo.
La politica è stata spesso miope, opportunista, autoreferenziale, latitante, incompetente. Chi ha tentato di cavalcare il settore per fini elettorali (Salvini, Meloni ecc.) per poi dimenticarlo, chi l’ha completamente dimenticato (5S, PD ecc.). Anche se va riconosciuto uno sforzo enorme e straordinario nell’interpretare la prima fase della pandemia.
Il fisco ha nascosto i canini, in parte, ma è pronto a tornare a mordere, le mascelle sono sempre serrate, lo sguardo crudele. E qui la politica avrebbe potuto e dovuto (!) dare il suo meglio. Supportata e guidata dalle Associazioni di categoria, dai sindacati. Non pervenuti.
Andando avanti così il settore di vedere scomparire tanti “campioni”. E rischia di disperdersi una bellissima fetta della nostra storia, della cultura, dei nostri sapori, delle tradizioni del nostro paese. Non è giusto, non è ammissibile.
Anche se, dobbiamo urlarlo, sono numerosi gli esempi virtuosi di ristoratori ed esercenti che hanno saputo valorizzare lo storico legame con la propria clientela, attivandosi per vendite a distanza, nuove tecniche e tecnologie, consegne a domicilio, proposte inusuali. Auto-formandosi a nuove logiche di gestione. A loro il nostro plauso più sincero e il nostro sostegno. Scriveteci per raccontarci le vostre esperienze.
La pandemia Covid è un evento immenso, orrendo, per cui non potevamo che essere impreparati.
A distanza di quasi un anno dal suo manifestarsi, l’impreparazione e l’approssimazione sotto ai nostri occhi sono però inaccettabili. Eppure occorre essere consapevoli che le difficoltà nostre, sono di tutti. Che le inefficienze e le erronee valutazioni italiane, sono state uguali o anche peggio altrove. Che lo scarso sostegno pubblico italiano non vede tanti esempi migliori all’estero.
Ora abbiamo la speranza custodita nel vaccino che viene distribuito da inizio gennaio. Ma lentamente, viste le difficoltà di approvvigionamento e distribuzione. Purtroppo però ci attendono altri passaggi drammatici: la fine del blocco dei licenziamenti, del blocco degli sfratti… che porteranno un aumento di sofferenza economica e sociale.
Fortunatamente però, a portata di mano, ci sono circa 220 mld € del Recovery plan (e ce ne sarebbero altre decine legate al cosiddetto MES).
Un contributo, prestito agevolatissimo, immenso: un’opportunità così non capita dai tempi del Piano Marshall, dopo la Seconda guerra mondiale, il cui nome ufficiale fu “European Recovery Program”… non va dimenticato. Anche se questa volta non si tratta di un finanziamento esterno.
I fondi europei del Recovery Plan devono essere destinati alla sostenibilità, alla digitalizzazione e alle nuove generazioni. Temi fondamentali anche per noi, per i prodotti che utilizziamo, per i modi e i luoghi in cui vengono prodotti e per i prezzi e i canali attraverso cui li acquistiamo. Ma anche per i nostri collaboratori, spesso giovani, e i nostri locali: ristoranti, bar, alberghi che devono puntare a gestioni sempre più intelligenti, sostenibili, efficienti, tecnologiche.
Perché tra noi non si discute di questo, ma solo dell’ultimo DPCM. Perché non progettiamo il futuro del settore? Perché il paese, il settore, noi… siamo più “coinvolti” dallo scontro tra la tracotanza di Matteo Renzi e la superbia di Giuseppe Conte? Piuttosto che lavorare per rendere gradevole il futuro in cui vivremo?
Non possiamo chiudere gli occhi e tenere le ferme le mani. Non ce lo possiamo permettere. I tavoli ministeriali con associazioni e sindacati DEVONO progettare il futuro del settore, discutendo del Recovery plan.
In questo contesto, abbiamo deciso di sospende le pubblicazioni di Bartù. Una scelta dolorosa che ci porta ad interrompere storiche e straordinarie collaborazioni. Ma non definitiva. Contiamo di poter riprendere le uscite della rivista, non appena sarà possibile.
E comunque saremo sempre con voi tramite il sito, le newsletter e i social network. Tanta informazione, decine di migliaia di lettori.
Inoltre la nostra casa editrice, Edifis, continuerà a pubblicare riviste leader per il settore della ristorazione organizzata, commerciale e collettiva: Ristorando e retail&food.
E auspicabilmente, a cavallo dell’estate, a promuovere eventi che consentano di ritrovarci.
Siamo e saremo con voi.
Andrea Aiello
Editore e direttore di Bartù