«L’università di Pollenzo è un posto magico, sia per gli studenti che per chi ci lavora» racconta Carol Povigna, responsabile, assieme a Nahuel Buracco, del Pollenzo Food Lab «È un mondo molto stimolante, che si fonda su una grandissima intuizione: il voler riconoscere una dignità a dei saperi che finora erano considerati strettamente edonistici o artigianali, che non necessitavano di essere “studiati”, ma potevano solo essere “appresi con la pratica”». Così è stato avviato il Pollenzo Food Lab, che è parte integrante dell’Università di Scienze Gastronomiche e nasce con l’intento di offrire una formazione complessa, dinamica, flessibile e di impronta fortemente internazionale. L’ausilio di moderne tecnologie e le competenze multidisciplinari di docenti e professionisti del settore consentono piena libertà di apprendimento e sperimentazione. Una filosofia che si sposa con Esmach.
«Da sempre sosteniamo l’esigenza di abbinare tecnica e nutrizione» racconta Stefano Bongiovanni, bakery chef e consulente Esmach. «Occorre aprirsi a nuove metodologie di apprendimento, a nuove visioni della panificazione: un po’ per lavorare meglio, per ottimizzare tempi di produzione e i risultati, un po’ e soprattutto a livello nutrizionale, etico, per un maggiore benessere nostro e del mondo in cui viviamo».
«Dopo essere entrati in contatto con questa realtà di Pollenzo, nel 2014, noi di Esmach ci siamo guardati dentro e ci siamo chiesti “Perché non creare un’Academy, che ci dia la possibilità di tornare alle basi della panificazione? Tornando alla terra, aiutando le persone ad avviare qualcosa di nuovo, cercando di semplificare tutte le procedure?” aggiunge Andrea Gastaldon, Key Account Manager di Esmach.
Esmach non si era mai avvicinata così tanto al mondo della formazione: abbiamo seguito il loro esempio, abbiamo avviato con loro laboratori di panificazione semplificata, utilizzando prodotti di qualità, cercando di avvicinarci anche a chi non era un panettiere professionista, a chi non apparteneva strettamente al mondo della panificazione. Questo ci ha dato lo stimolo per iniziare a pensare non più solo alle macchine, alle attrezzature, ma spostare l’attenzione anche sul prodotto finito e sulle sue caratteristiche ottimali, alle persone che lo lavorano, alla filiera che lo accompagna in tutte le fasi. In quest’ottica le attrezzature diventano quindi un aiuto per produrre un prodotto buono, sano, pulito e giusto».
Sia in Esmach, sia nel Food Lab di Pollenzo c’è la consapevolezza che ogni ingrediente, ogni azione, ogni filiera sono tra loro strettamente interconnesse. «Ciò che non smettiamo mai di imparare, da studenti e da lavoratori, è l’importanza di tutto ciò che “sta dietro” alla panificazione e alla cucina» racconta Nahuel Buracco «Al Food Lab studiamo non solo come fare, per esempio, una pagnotta, ma anche chi c’è dietro, cosa c’è dietro, che farina è stata usata e in quali altri modi può essere usata; sperimentiamo, proviamo, viaggiamo molto». Aggiunge Carol Povigna: «Il cardine della filiera è la relazione. Ogni nostra azione è collegata. Quando cucino o preparo qualcosa non faccio solo “un piatto”, ma preparo qualcosa che deve dare piacere e fare bene. Quindi più io sono consapevole di quello che sto facendo, più scelgo le mie materie prime, più la scelta è correlata con figure virtuose, più sono libero di giocare con tutto e di ottenere un certo tipo di risultato. Se lavoro con ingredienti selezionati e di qualità, se ho una tecnologia che mi supporta, come le attrezzature Esmach, se siamo disposti ad adattarci alle richieste e alle necessità del mercato, la nostra filiera fa un cambiamento incredibile nei confronti del mondo: di conseguenza io non faccio il cuoco, io faccio quello che cambia il mondo; io non faccio il panettiere, io faccio quello che costruisce il proprio sogno».
Si collega Andrea Gastaldon: «Lo slogan che abbiamo usato quando abbiamo lanciato EsmachLAB era “È meglio crearsi un lavoro piuttosto che cercarsi un lavoro”: inteso come la bellezza di investire su se stessi, ma investire credendo in uno specifico approccio, scegliendo determinati prodotti e determinate procedure. E tutti i LAB che abbiamo aperto con giovani che avevano un sogno, ci hanno dato grandi soddisfazioni, perché li abbiamo guidati nella scelta delle materie prime, privilegiando la filiera più corta possibile, spingendoli a scegliere i prodotti del proprio territorio. Spesso la tecnologia è stata messa in secondo piano, cercando di ragionare sulle materie prime, sulle peculiarità dei territori». Aggiunge Stefano Bongiovanni: «Noi proponiamo una tecnologia che invoglia il giovane panettiere a impastare anche un cereale difficile, che costa fatica – ma in modo semplificato, ottenendo risultati che portano soddisfazione. Usciamo dalle logiche del lavoro notturno, il nostro motto è “Panettiere di giorno” – e pensandoci anche questa è una forma di sostenibilità: il lavoro degli artigiani, il loro stile e modus operandi fa parte di una battaglia per la sostenibilità, per uno stile di vita sostenibile».