di Alberto P. Schieppati
Già stellato Michelin dal 2015, il fiorentino Borgo San Jacopo spariglia le carte e si ripresenta con il trentacinquenne Claudio Mengoni, executive chef del ristorante dalla fine del 2019. Appassionato, accurato e rigoroso nell’impostazione della sua linea culinaria, propone piatti che esprimono la sua visione “contemporanea” della cucina, caratterizzata da estremo amore per il territorio (“i” territori: toscano ma anche del resto d’Italia) e le materie prime, combinato alla conoscenza profonda di ingredienti, sapori e consistenze. La cucina di Borgo San Jacopo, già nelle salde mani di Peter Brunel, una stella (che lo scorso anno ha scelto di ritornare nel suo Trentino per aprire un locale proprio), è dunque oggi affidata a una brigata altrettanto giovane e motivata, impegnata assiduamente per offrire agli ospiti piatti memorabili, nel solco della continuità ma anche dell’innovazione e della ricerca. Classe 1984, toscano, Claudio è cresciuto tra esperienze internazionali di livello e brigate stellate ben rappresentative della migliore cucina italiana. Solo qualche nome: Andrea Berton, già due stelle al Trussardi alla Scala, Gaetano Trovato del Ristorante Arnolfo e Andrea Migliaccio all’Olivo del Capri Palace, pure bistellati. Poi l’esperienza all’ Enoteca Pinchiorri, con Riccardo Monco e Annie Feolde, icona di eccellenza, seguita da una significativa permanenza all’Assaje dell’Hotel Aldrovandi di Villa Borghese a Roma, dove Claudio ha conquistato la sua prima stella nel 2016, poi rinnovata negli anni successivi. Da meno di un anno, lo chef Mengoni ha fatto ritorno a Firenze, con l’ambizione di far conoscere la propria filosofia di cucina, vera e sincera, dove i suoi ingredienti si incontrano con creatività e rigore, selezione e ricerca, senza compromessi né aspirazioni modaiole. Alla base, c’è una grande ricerca della materia prima e un utilizzo misurato di tecniche di lavorazione complesse, ben distanti da comportamenti di impronta astratta e di difficile comprensione. Sapori, colori e forme si fondono nelle sue mani per dare vita a piatti dal sapore concreto, che consentono un riconoscimento immediato di ogni singola materia e che, proprio per questo, si rivelano memorabili.
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