#ragionevolezzacontroilvirus
Giancarlo Morelli
Fra appelli alla calma e inviti a starsene chiusi in casa, fra economia al collasso e diffusione progressiva del virus, BARtù ritiene corretto dare la voce ai propri lettori, nel nome della ragionevolezza: professionisti che si sono ritrovati all’improvviso nella condizione di dover cessare temporaneamente la propria attività, anche in virtù dei decreti governativi che puntano a ridurre i contagi nell’arco delle prossime settimane. La nostra speranza è che questo obiettivo possa essere raggiunto in un tempo ragionevole e breve, che consenta la riapertura delle attività e la ripresa dell’economia
Giorno dopo giorno intervistiamo i grandi operatori della ristorazione italiana, tra chef, sommelier, bartender, operatori dell’hotellerie, per intervistarli su cosa pensano del decreto che ha chiuso i loro ristoranti per il contenimento del Coronavirus e quale possa essere il futuro della ristorazione italiana: la parola a Giancarlo Morelli, imprenditore e ristoratore.
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Superata questa tragica emergenza, come pensi che si debba riposizionare l’offerta del tuo ristorante nei prossimi mesi, considerate le regole che verranno imposte?
La grande verità è che vivo in un momento di confusione e faccio fatica a vedere un futuro positivo. La nuove normative che vuole applicare il governo possono anche essere applicabili ma purtroppo con una partenza di 50 coperti si potranno farne al massimo 30 e i tempi si allungheranno,
rallentando il servizio, senza parlare del modo. Mi considero cuoco per passione, imprenditore per lavoro. E ho iniziato la mia carriera imprenditoriale nel 1986: quando si potrà ricominciare per me sarà come il primo giorno, si riparte da zero. Il mio stile di cucina è già molto fruibile e diretta,
quindi non penso di doverla rivedere. Non ho la ricetta del successo ma credo che bisognerà creare più coesione e aiutarci tra noi ristoratori, parlare di più del mondo imprenditoriale, mettere esperienze a disposizione degli altri. D’altronde prevedo che la clientela si ridurrà almeno del 60%
che era dovuta, sulla piazza di Milano, da turismo e business. Con il 40% dei coperti dei “residenti” non potremo sopravvivere, bisogna fare qualcosa di più, anche per mantenere i dipendenti.
Tutti dicono che “niente sarà come prima”. In sintesi, come vedi il futuro della ristorazione, nella prevedibile confusione che si andrà prefigurando nel settore?
Non mi sento preparato per rispondere, è la domanda che mi perseguita ogni giorno e al momento non ho trovato uno spiraglio di luce né di risposta. Se volessi sognare a occhi aperti, vorrei che tornasse come prima, quando la cucina e i cuochi erano star mentre ora, uso una metafora, siamo nelle miniere senza luce a scavare, altro che sul palcoscenico. La soluzione che mi sento di dare è trovare una soluzione per differenziarsi dagli altri, puntando su qualità, cortesia,professionalità e dedizione al proprio lavoro.
Come si potrà sopperire alla mancanza del turismo internazionale? È prevedibile una ripresa di interesse verso il mercato interno?
Sì, ma non basta il mercato interno, almeno quello che siamo abituati a conoscere. Abbiamo bisogno di riscoprire la bellezza del nostro territorio, di un turismo local e che ci aiuti a riscoprire la storia del nostro paese, saremo più uniti e ci aiuteremo. Da parte del governo mi aspetto delle norme che aiutino gli imprenditori quanto meno a rimanere aperti.
Stai pensando a nuovi menù?
La mia fantasia è massimamente aperta come cuoco e come amante del cibo, purtroppo come imprenditore in questo momento sono sicuramente meno incline alla creatività.