Nell’elenco delle morti di questi giorni, a cui la tragedia Covid-19 ci sta tristemente abituando, si aggiunge oggi anche quella di Gianni Mura, una delle firme più acute del “nostro” giornalismo. Enogastronomico, vinicolo, ma anche e soprattutto sportivo. I suoi articoli su Repubblica tenevano sempre desta la lettura, sia che scrivesse di una trattoria sincera e onesta o di un grande chef, sia che raccontasse la degustazione di un Romanèe Conti d’annata, sia che descrivesse le azioni di Marco Van Basten in un derby mozzafiato a San Siro.
Le sue analisi, sempre acute, coerenti e pacate, avevano la grande capacità di offrire un quadro completo e obiettivo, sia che parlasse di un cuoco, di un vino o di una partita di calcio. Mai polemiche o critiche futili, parole inutili o ridondanti, solo l’essenziale, spesso scomodo, certo, ma nella sua dimensione più profonda. Ci conoscevamo da oltre trent’anni anni, grazie anche agli incontri legati all’Académie internationale du Vin, a Ginevra, di cui era assiduo e colto esponente, insieme alla moglie Paola Gius, giornalista vinicola precisa e puntuale La loro solidissima unione, nella vita come nella professione, era espressione concreta di un giornalismo di alta qualità, sempre “sul pezzo”’, mai esibizionista e di rara, grande umiltà. Come l’umiltà che contraddistingueva un altro personaggio storico della ristorazione, Gianni Bolzoni, patron del Fulmine, di Trescore Cremasco, mancato tre giorni fa. Gianni Mura, lo scorso anno, gli aveva dedicato, sul Venerdì di Repubblica, un articolo memorabile, del quale Bolzoni era molto orgoglioso. Ora riposino in pace, riavvicinati dal destino. A Paola Gius e a Clemy Bolzoni le condoglianze della redazione di BARtù.
di Alberto P. Schieppati